venerdì 29 luglio 2011

(não) Queremos Battisti de volta!

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Avvertenze:

1) Questo post è molto lungo
2) Questo post non intende prendere in considerazione l’innocenza o la colpevolezza di Battisti, ma solo illustrare come si è arrivati a questo punto e offrire qualche elemento per comprendere i motivi della sconfitta italiana di fronte non tanto alla giustizia, quanto al governo brasiliano.

Il caso Battisti: una vicenda biforcuta
Fin dall’inizio, doveva apparire chiaro che il caso Battisti avrebbe preso due strade: una giuridico-amministrativa, l’altra politica. La prima tendenzialmente favorevole, la seconda tendenzialmente contraria all’estradizione. Sul lato politico, al di là degli atti compiuti prima dall’allora ministro della giustizia Tarso Genro, poi dall’allora presidente Lula, un buon esempio sono le posizioni sostenute in diverse interviste dai senatori del Partido dos Trabalhadores (il partito di Lula) Eduardo Suplicy e João Paulo Lima e Silva. Il primo, fermo sostenitore della concessione dell’asilo politico, ha sempre sostenuto il carattere ingiusto del processo contro Battisti: perché avvenuto in contumacia, basato esclusivamente su delazioni e messo in atto da una magistratura resa non neutrale dal clima degli anni di piombo. Tralasciamo, per ora, la verità di queste accuse. Il secondo, in alcune interviste, ha sottolineato il carattere invadente delle richieste italiane al Brasile, mentre l’Italia per 14 anni non si era fatta avanti con la Francia per ottenere l’estradizione dello stesso Battisti. Questo argomento tralascia il fatto che la Francia già si era pronunciata, su richiesta dell’Italia, nel 1991, negando l’estradizione da un lato in coerenza con la ben nota “dottrina Mitterand”, che concedeva nei fatti una sorta di “informale” asilo politico agli ex-terroristi, da un lato con la motivazione che la stessa estradizione sarebbe stata chiesta non per ripetere il processo, alla presenza dell’imputato, ma solo per dare esecuzione a una pena inflitta in un processo contumaciale. Il senatore João Paulo tace su questo aspetto, pure favorevole alla posizione di Battisti, perché quel che vuol fare è sottolineare la differenza di trattamento riservata al Brasile, insistendo sull’idea di un particolare affronto alla sovranità nazionale. I due temi, il carattere ingiusto del processo e l’affronto al Brasile, costituiranno poi la linea difensiva sostenuta dall’avvocato di Battisti, Luís Roberto Barroso, difronte al Supremo Tribunale Federale.
Sull’altra sponda, diciamo così giuridico-amministrativa, il caso ha preso, invece, fin da subito una strada diversa. Dinnanzi alla richiesta di ottenimento dello status di rifugiato politico, il CONARE (Comitê Nacional para os Refugiados), un organo deliberativo del Ministero della Giustizia costituito da membri nominati da diversi ministeri e quindi essenzialmente di natura governativa, ha risposto subito negativamente. La risposta è stata però immediatamente contraddetta dalla decisione dello stesso ministro della Giustizia, che, ignorando il parere del CONARE, ha attribuito lo status di rifugiato a Battisti. Iniziava così quella serie di continui capovolgimenti di posizione che, tra esecutivo e giudiziario, hanno caratterizzato il caso fino alla fine.
È a questo punto, infatti, che entra in campo il Supremo Tribunal Federal (STF). È quella che si potrebbe definire la “Corte Costituzionale” del Brasile, ma non è esattamente né solo questo. La costituzione brasiliana, su questo e su altri aspetti, prende a modello quella degli Stati Uniti. La stessa composizione del STF lo dimostra: i giudici, che restano in carica fino al pensionamento obbligatorio, a 70 anni, sono tutti di nomina del Presidente della Repubblica, cioè del capo dell’esecutivo, e la nomina è ratificata dal voto favorevole del Senato. Il carattere “politico” del STF, che ha stupito Tabucchi nella recente lettera inviata alla Repubblica, è quindi un aspetto che dovrebbe destare poca sorpresa: ma questo non significa, come vedremo, che tutti i giudici nominati da Lula fossero contro l’estradizione e tutti gli altri a favore. In ogni caso, il STF ha attribuzioni che vanno al di là del controllo di costituzionalità sulle leggi. Tra le quali, secondo l’articolo 102 della costituzione brasiliana, il “giudizio” sulle richieste di estradizione. É sul significato di questo “giudizio” che si è svolta, in realtà, gran parte della discussione nel STF: la posizione dei giudici a favore dell’estradizione ha mirato, in parole povere, anche a difendere le attribuzioni del STF di fronte all’esecutivo, un aspetto sul quale ha insistito anche la difesa dell’Italia.

venerdì 27 maggio 2011

Lisbona! Atene! ora Roma viene!

Così scandivano i neofascisti italiani negli anni Settanta. La sequenza degli interventi di S&P's, questa settimana (questa l'ultima notizia) sembra suggerire una nuova interpretazione nello slogan.
Tanto per prepararsi si consiglia di leggere qui e qui.